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Bari

10 Agosto di alfredo giovine

 L’importanza del 10 agosto nel calendario della vita barese ha perduto moltissimo del suo caratteristico volto di operoso formicaio invaso da mezzi di trasporto, colmi di masse­rizie, che si intrecciavano nelle vie cittadine.

Tale data, invece, è rimasta come riferimento per iniziare o cessare un rapporto di lo­cazione che si voglia ancorare all’uso consuetudinario e che sarebbe troppo lungo illustra­re dal lato giuridico.

Come si intravede da quanto detto, il 10 agosto rappresentava il cambio dell’al­loggio di gran parte dei baresi. Le cause erano molteplici: crescita della famiglia, rivalità condominiali, gelosia per un coniuge non insensibile alle attenzioni galanti di un inquili­no dello stabile, antipatia della fate de la case e du agùrie de la case, affari andati a male, ma­lattie o rovesci di ogni genere.

Tutto ciò non si poteva fare a meno di mettere in relazione con la casa: iè na case affèrtenate oppure iè na case scareggnàte; Gocce, acquànne la scìibbe ad affettà. Facìme fangòtte e levàme le tènde da ddò.

     La Gazzetta, il nostro ultracentenario quotidiano, si è più volte occupata della ricorrenza del 10 agosto dal lato degli sloggi, ora accenneremo ad un episodio accaduto quel giorno e quel mese dell’anno 1910.

Alle prime luci dell’alba, i mattinieri cittadini che iniziavano i loro preparativi per traslocare notarono che la città era stata presidiata dalle truppe.

Era accaduto che un gran numero di persone aveva espresso l’intenzione di procedere a una manifestazione di protesta popolare perché venissero presi provvedimenti per frena­re il caro vita. Il corteo doveva muovere dalla stazione ferroviaria e procedere per via Sparano. Tutto lasciava prevedere un calmo svolgimento, ma elementi estranei alla manifestazione, infil­tratisi tra i dimostranti, cominciarono a lanciare grida ostili alla truppa e ai tutori dell’or­dine. Rappresentanti di partiti e molti manifestanti cercarono di isolare gli intrusi ma vennero soverchiati da tali elementi e da chi ne venne suggestionato.

 Fatto sta che il lancio di pietre contro i soldati costrinse gli stessi a ripiegare senza far uso delle armi, ma un repar­to rimase isolato dal grosso delle forze. Per non essere sopraffatto, alcuni degli accerchiati, dopo aver sparato in aria, o forse in altra direzione, sentirono levarsi grida di aiuto.

Ci fu un fuggi fuggi generale e sul terreno rimasero alcuni morti e numerosi feriti. No­nostante il pesante bilancio, i tumulti continuarono spostandosi in diverse zone della città e se le esortazioni degli uomini politici e dei sindacalisti non trovarono ascolto, verso mez­zogiorno la moltitudine si diradò. Nei giorni seguenti la tensione andò scemando fino a rientrare nella normalità dopo non pochi giorni. Sembrò che il buon senso del popolo barese fosse prevalso ancora una volta contro chi, con apparente solidarietà, aveva fatto fallire una specifica dimostrazione di civile protesta.

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