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Civiltà musicale pugliese

FRANCO CASAVOLA

Franco Casavola appartiene indubbiamente a quella eletta schiera di musicisti brillanti ed estrosi che la feconda terra di Puglia ha dato da secoli come concreto contributo prestigioso alla storia della musica.
Egli nacque a Modugno il 13 luglio 1891 da Giovanna Russo e dall’avv. Donato Casavola. Per il suo carattere vivace e romantico mostrò sin dai primi anni una viva passione per l’arte dei suoni e quando il padre progettava di fare del figlio un buon magistrato, Franco Casavola, pur frequentando il liceo, incominciò a prendere lezioni di musica da Pasquale La Rotella.
Questa prima esperienza lo convinse che la sua aspirazione non era una passeggera infatuazione di gioventù, ma seria e irrinunciabile vocazione.
Completò con rara diligenza gli studi classici e non tralasciò nello stesso tempo di formarsi una solida cultura. Dopo di che non indugiò oltre e spiccò il volo verso Milano dove prese viva parte alla vita artistica della capitale lombarda, approfittanto nel contempo per studiare con Luigi Mapelli.
Qui conobbe Giordano al quale si legò con affetto.
In seguito si trasferì definitivamente a Roma e, sotto la sapiente guida di Ottorino Respighi completò con raro profitto i suoi studi.
Combattente col grado di capitano fu decorato sul Carso durante la prima guerra mondiale. Nelle lunghe pause di trincea ebbe agio di penetrare “Salammbò”, il romanzo di Flaubert, che doveva divenire un’altra sua creatura.
Tornato dal fronte visse intensamente nei cenacoli milanesi di avanguardia e si proclamò “rivoluzionario”.
Dall’ll dicembre 1924 iniziò i suoi manifesti “La musica futurista”, “Atmosfere cromatiche”, “Sintesi visive”, “Versioni scenicoplastiche”, “Teatro degli attimi dilatati”.
Il Marinetti che lo ebbe amico prediletto disse che Casavola “nel movimento futurista subito si differenziò da molti musicisti illetterati che poco comprendono o vogliono comprendere fuor dalla siepe dei pentagrammi e delle note. Secondo Casavola, la musica è soprattutto movimento. I ritmi devono essere decisi, insistenti, di netto disegno; ciascuno corrisponde ad un movimento fisiologico, meccanico, di precisa accentuazione che è necessario sfondo ad ogni ideazione musicale”.
E’ naturale che le sue prime composizioni scritte per i teatri italiani e francesi dovessero essere di ispirazione futurista: ” Anikam del 2000″, “La danza dell’elica” (la preferita da Marinetti), “Il Cabaret epilettico”, “Ranocchi al chiaro di luna”,”Piedigrotta”.
Nel 1927, mentre viveva a Parigi, si rappresentarono al “Théa^tre de la Madeleine”, due pantomime futuriste su scenari di Prampolini e L. Folgore: “Mercanti di cuori” e “Tre momenti” che furono accolti con grande successo ed interesse dal coltissimo e smaliziato pubblico francese, tanto che i balletti furono ripetuti per due mesi.
Non minore successo ebbe più tardi al “Théa^tre des Champs Elisées”, per la compagnia di Pitoeff, il lavoro di F.T. Marinetti “Prigionieri” con musiche di Casavola. Fu in questa occasione che musicò il dramma mimico “Hop Frog” di Poe dietro sollecitazioni di Diaghileff.
Ma con “Il Gobbo del Califfo” Franco Casavola rivelò agli appassionati del teatro lirico e alla critica le sue immense possibilità di compositore.
Egli aveva incominciato a rivedere le sue idee artistiche e questa benefica revisione permise all’artista di mettere in risalto altri suoi notevoli pregi. La sua devozione filiale verso Mascagni e i contatti frequenti avuti con il maestro livornese contribuirono notevolmente a ridimensionare le sue iniziali vedute.
Capì che bisognava rinnovarsi senza rinnegare il passato.
Lo compresero i componenti della commissione del Concorso indetto dal Governatorato di Roma, i quali non esitarono a decretare la vittoria a Franco Casavola su 81 concorrenti, dando ragione così a Tullio Serafin che ebbe a spronare l’incredulo giovane maestro a parteciparvi.

Quindi “Il Gobbo del Califfo” su libretto di A. Rossato, dopo la prima del 4 maggio 1929 al Teatro dell’Opera di Roma, passò sui palcoscenici dei migliori teatri d’Italia e d’America.
Per citarne qualcuno: Teatro alla Scala, Colon di Buenos Aires, Teatro Petruzzelli di Bari. Fu pure tradotto e rappresentato in Germania, Egitto, Norvegia e ridato nuovamente a Roma nel 1956.
Un applauditissimo giro del mondo.
Seguirono i balletti “Castello nel bosco” (Teatro dell’Opera, Roma, 1931), “L’alba di don Giovanni” (Teatro Goldoni, Venezia, 1932), scritta per il 2° Festival Internazionale di Musica, l’opera giocosa “Astuzie d’amore” in tre atti di A. Rossato eseguita per la prima volta con grande successo al Teatro Petruzzelli di Bari nel 1936 e poi al Teatro Rossini di Pesaro.
Nel 1948 diede a Roma un’opera di forte impegno: “Salammbò” in 4 atti su libretto di Emidio Mucci. Il successo caloroso del pubblico e della stampa gli aprì subito le porte del Teatro Petruzzelli di Bari, dove il pubblico barese non fu meno prodigo di quello romano, cosa che spinse la Rai a incidere l’opera per i suoi programmi.
Nel 1951 organizzò a Bari le celebrazioni di Niccolò Piccinni nel 151° anniversario della morte, riesumando “Lo Sposo Burlato” e componendo con musiche dello stesso Piccinni il balletto “Passo d’addio”, che dopo la rappresentazione data al teatro che porta il nome del grande barese venne eseguito al “Teatro dell’Opera”.
Compose inoltre “Bolle di sapone”, composizione coreica, composta di due fantasie: “Operazioni aritmetiche” e “Molto strepito per nulla” (Teatro dell’Opera di Roma, 1953), le “Quattro danze per lo Arzigogolo del Lasca”, “Liriche per tenore e pianoforte”, “Pezzi infantili” per pianoforte, “Due frammenti per violino e pianoforte”, “Dialogo di Marionette” che, insieme alla “Notte” furono eseguite il 15 maggio 1957 dal complesso dell’Accademia Polifonica Barese diretta dall’attivo e benemerito maestro Biagio Grimaldi.
Della musica sinfonica, “Mattino di primavera” risulta una delle pagine più fresche e indovinate del Maestro.
Ovunque s’adoprasse rifulgeva il suo gusto, la sua grande cultura, la sua genialità.
Tanto vero che per le celebrazioni pirandelliane ad Agrigento e a Palermo nel 1951, il grande siciliano volle che le musiche per la “Sagra del Signore della Nave” fossero di Casavola.
Fra la copiosa musica inedita ha lasciato pure un balletto “Orlando e la luna”. Egli ebbe una particolare predilezione per questo genere di spettacolo abbastanza trascurato da noi.
Perciò in Italia egli fu l’unico a dargli splendore e prestigio mai avuti.
Musicò oltre 70 pellicole lasciando in ognuna di esse l’impronta del suo stile, giacché fu uno dei primi musicisti a dare la giusta importanza al commento musicale dei film.
Fu critico musicale del “Corriere delle Nazioni”, de “Il Tempo” di Roma, de “La Gazzetta del Mezzogiorno” e della rivista “Modernità” di Milano della quale fu direttore.
Scrisse alcune novelle e il romanzo “Avviamento alla pazzia” con prefazione di F.T. Marinetti (Edizioni Futuriste di “Poesia” – Milano, 1924).
Scrisse pure il saggio “Nel CL della morte di N. Piccinni”
(Archivio Storico Pugliese, 1951, fasc. II) e uno studio su “Tommaso Traetta” edito dalla Soc. di Storia Patria nel 1957.
Morì prematuramente a Bari il 7 luglio 1955 e fu commemorato il 13 gennaio del 1956 dal Sindaco Chieco e dal musicista Adriano Laudi con parole commosse e vibranti.
Dopo di che fu scoperta una lapide nel ridotto del “Piccinni”, mentre la serata al Petruzzelli comprendeva l’esecuzione de “Il Gobbo del Califfo”, “Le Furie di Arlecchino” e “La Granceola” di A. Lualdi.
Ma più che le parole degli altri, basti il pensiero del Casavola a definire il suo indirizzo e la sua sentenza artistica.
A chi gli domandò della sua arte ebbe a dire:
“La mia opera bisogna giudicarla per quella che vuol essere, non per quello che io ho voluto non fosse”.
E con lui è scomparso uno dei nostri più colti, personali e geniali compositori.

Alfredo Giovine

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