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Civiltà musicale pugliese

GAETANO LATILLA di alfredo giovine

Il 22 maggio del 1964 in La Gazzetta del Mezzogiorno ap­parve una precisazione di un lettore a nome Esposito, il quale, in un dibattito affermava fra l’altro che il musicista Gaetano Latilla era nato a Napoli.

L’errata affermazione non mi meravigliava affatto se studiosi e storici come Villanova, Bertini, Caffi, Foix, Grossi e alcuni altri avevano già dato il Latilla nato a Napoli il 1710. Almeno il Della Corte si lava le mani nell’Opera Comica Italiana nel Settecento, dicendo: “nato secondo alcuni a Napoli, secondo altri a Bari il 1710 o il 1713”.

Invece, il primo, in ordine di tempo, a dare una risposta molto vicina all’esattezza fu Michele Garruba, a pag. 696, in Serie critica de’ sacri pastori baresi, nacque in Bari a 12 gennaio 1711” (die­de la data di battesimo per quella di nascita); lo stesso sostiene Michele Attilio Bellucci in “Napoli Musicale” (23.6.1885 n. 23/­24) e così il figlio di questi: Mario Bellucci La Salandra in “Iapigia” (anno V, fasc. III, pag. 310) e l’Enciclopedia Ricordi, alla quale, chi scrive, fu chiamato a collaborare per compilare altre voci. Altrettanto dice Carlo Villani in “Scrittori e Artisti Pugliesi” (pag. 494). Petroni (e Roppo), in Della Storia di Bari (vol.III, pag. 394) lo danno nato a Bari il 1713, uniforman­dosi a quanto sostengono il Florimo, il Fétis e l’Eitner. Perciò, fra tante contraddizioni, ritenni opportuno di far ri­levare l’atto di nascita del Latilla dai registri del Duomo di Bari, di farlo fotografare, di pubblicarlo subito e ripubblicarlo poi, nel 1964, nel mio “Bari a Niccolò Piccinni”.

Esso riporta: “Gaetano, Donato, Giuseppe, Domenico. A dì 12 gennaio 1711, Bari. Io D. Donato Antonio Iullio (o Tullio) Par.co, ho battezzato il suddetto nato di leg.mo mat.o da Nicolò Latilla e da Rosa Guarino, coniugi. Al sacro fonte lo tenne il chierico Giovanni Corazzo, nacque il 10 di d.o. mese”.

Questa volta però Bellucci La Salandra, riprendendo l’argo­mento a distanza di anni, si corregge lodevolmente e qualche al­tro fa bene a seguirlo. Io, tenendo conto che Latilla era fratello della madre di Ni­ccolò Piccinni, fui curioso di conoscere se mi fossi trovato in presenza di una famiglia di musicisti o se si fosse trattato di un caso spora­dico verificatosi in una famiglia dedita ad altre attività. Il Florimo in La scuola musicale di Napoli (vol. 2, pag. 227), dice: “La famiglia Latilla è originaria di Casamassima, o secondo altri di Acquaviva, presso Bari”.

A tale proposito si può dire sol­tanto che nel 1555, con atto del 16 maggio per notar De Bellis di Acquaviva, il dott. Gian Francesco Latilla di Casamassima, ma re­sidente a Bari, comprò dal napoletano Annibale Gallo la cappella di San Teodoro in Bari. Nei secoli XVII e XVIII vi sono atti rogati in Bari di Latilla, possidenti e residenti in Casamassima. Degli ascendenti di Gaetano Latilla, le prime notizie risalgono al 1676, anno in cui fu redatto (1° luglio, notar Moreno) un atto di transazione fra Giovanni Latilla e moglie, da una parte e, il reverendo Giuseppe Do­nato e Nicola Maria, fratelli Barberio, dall’altra e, che lo stesso Giovanni Latilla, dal 15 agosto 1677 al 14 agosto 1681, prendeva in affitto una casa nella strada di S. Simeone (la consuetudine di appigionare case dal 15 agosto al 14 dello stesso mese dell’anno seguente, durò fin quando il decreto 8920 del 18.7.1844 di Fer­dinando II portò la data degli “sloggiamenti” al 10 di agosto, consuetudine in vigore tuttora).

Ercole, suo figlio, era commerciante generico, ma fece anche il libraio. Nicola, figlio di Ercole, fece il libraio anche lui, ma per fallimento fu imprigionato nel Castello e liberato in seguito per benevolenza dei creditori. Da Nicola nacque Ercole che commerciò in libri, Silvia che sposò Onofrio Piccinni, (madre del grande Niccolò), e Gaetano, che doveva divenire musicista.

Gaetano, da fanciullo, fu cantore nella Cattedrale di Bari, rice­vendo i primi insegnamenti dal m° di cappella don Nicola Calatrava (il Calatrava, nato a Bari, entrò nel Conservatorio della Pietà dei Turchini per apprendere “composizione e suoni di tasti”; rimase sette anni e divenne un ottimo maestro).

A 15 anni, Gaetano, fu assunto nel Conservatorio di Sant’Onofrio di Napoli, studiando sotto la guida di I. Prota e F. Feo e non sotto D. Gizzi. Il 1732 esordì al Teatro Fiorentini con Li mariti a forza, commedia di Bernardo Saddumene.

Il 31 dicembre del 1738 venne nominato secondo maestro di cappella della Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma e il 1740, per la stima goduta in quella città, figurava già nel “Catalogo dei maestri compositori, dei professori di musica e dei soci di onore della Congregazione ed Accademia di Santa Cecilia”, Roma, 1845, Tip. M. Perego-Salvioni.

Nel Carnevale del 1739 diede Le Amazzoni, opera rappresen­tata al Teatro Alibert o delle Dame, esistente nella vecchia Roma, come informa il cav. Pier Leone Ghezzi, pittore e caricaturista, nella sua opera inedita “Il Mondo Nuovo” (raccolta originale in otto volumi comprendenti ritratti e caricature di persone di ogni classe, conservati nella Biblioteca Vaticana – Cod. Ott. Lat. 3117, foglio III), nel quale l’artista – a corredo della caricatura di Latilla eseguita a penna – annota sul clavicembalo al quale siede il compositore: “L’Attila (fu anche chiamato ‘Attila’, ma po­che volte) composito (‘composita’ o ‘compositor’, la scrittura non è chiara) dell’Opera dell’Amazzoni (o delli Amazzoni) fatta al Teatro di Alibert, l’anno 1739 il quale è stato fatto maestro di cappella in Santa Maria Maggiore e non vuol più comporre opere nelli teatri” –  Fatto da me cav. Ghezzi il 15 febbraio 1739”. 

Sugli spartiti a terra c’è scritto: “Carte di (segue una parola illeggibile) dell’Opera dell’Amazzoni composta dal Attila 1739”.

(Il poco noto e provvidenziale lavoro del Ghezzi ha consen­tito, dopo circa 200 anni, di soddisfare in qualche modo la curio­sità degli studiosi sulle sembianze del Latilla). Nell’agosto del 1740 scrive per 200 ducati L’Olimpia nel­l’Isola d’Ebuda che fu rappresentata al San Carlo di Napoli il 20 gennaio del 1741. Parteciparono Caffarelli, Manzuoli e Anna Strada. Per dedicarsi al Teatro si dimise il 9 agosto 1741 (Atti capito­lari 1721-50 di Santa Maria Maggiore, registro n.28 pp. 339-40), per cui la data del 9 aprile 1741 sostenuta dal Florimo non regge.

Stabilitosi a Venezia nel 1751-52, sposò la cantante veneziana Domenica Casarini, come si deduce dal libretto dell’Olimpiade, nel quale il soprano figurava come Casarini-Latilla nel 1752, e così nel 1753 in Alessandro delle Indie, entrambe del Latilla. La Casarini, stando a quanto affermava l’impresario Tufarelli nel 1751- 52, era ‘giovane ben fatta, di proporzionata statura, di circa 30 anni, di buona voce soprana e sufficientemente abile nella musica e nella comica’.

Usciva da una prigione di Torino nella quale aveva scontato un mesetto di pena per aver fatto bastonare un compagno d’arte da alcuni suoi sostenitori. Se la cavò a buon mercato per intercessione dell’ambascia­tore di Napoli (Gennari: “Lettere manoscritte, Biblioteca del Seminario di Padova”, Cod. 621 – II – c. 93).

La Casarini aveva già cantato a Venezia nel 1743, in Ezio di Lampugnani, nel 1750 nel Siroe e nel 1756 in Zoe di Cocchi e in Artaserse di Pampani. A Padova nel 1753 cantò nell’opera Siroe musicata dal marito. Nel 1758 la Casarini fu scritturata da Farinelli e, lasciato il marito a Venezia, si portò in Ispagna. Giunta ad Alcalà, il cantante di Andria le inviò due suoi me­dici personali, perché ella aveva accusato un serio malore cau­sato dall’avanzata gravidanza. Otto giorni dopo in casa di Farinelli, felicissimo di ospitarla, diede alla luce una bambina alla quale venne imposto il nome di Maria Barbara Teresa. “Gran valor de mujer” – esclama Fari­nelli al riferirlo – “E viva, e viva!” – (D. Emilio Cotarelo y Mori: “Orígines y establecimiento de la Opera en España hasta 1800” – Madrid, Tip. de la Revista de Arch. Bibl. Y  ‘Museos’, 1917, pag. 180).

Il felice papà aveva già dato a Londra Don Calascione, Orazio e La Commedia in Commedia che il Burney giudica “truly characteristich and charming”, rappresentata come La finta giardiniera, nel 1752 a Parigi.

Il 22 gennaio del 1755 diede il Tito Manlio, al Teatro Ca­pranica di Roma, dramma serio in tre atti, poesia di Gaetano Roccaforte, “la musica è del signor Gaetano Latilla del Pio Ospe­dale della Pietà di Venezia”. Questo libretto, edito il 1755 a Roma e in dotazione presso la Biblioteca di Santa Cecilia della Capitale e nella Libreria di Stato di Washington (Sonneck), rettifica quanto il Della Corte, Fétis, Florimo, Schmidl sostengono quando affermano che il Latilla fu nomi­nato maestro del coro del Pio Ospedale della Pietà di Venezia il 1756.  Il 16 marzo 1762 fu nominato vice maestro della Cappella Ducale di San Marco in Venezia al posto di B. Galuppi (Bura­nello), promosso a primo maestro (M. Bellucci). Invece Giuseppe Ortolani, “Venezia nel periodo goldoniano”, (Bologna, Zanichelli, 1962, pag. 38): “Nel pio luogo della ‘Pietà’ troviamo dal 1756 al 62 il maestro Gaetano Latilla (1713-88) di Bari, chiamato poi a diri­gere la Cappella di San Marco, e più tardi il Furlanetto”.

Latilla, non avendo ricevuto i miglioramenti richiesti, si dimise dalla carica e tornò a Napoli dedicandosi alla composizione e all’inse­gnamento. La produzione può dirsi composta di circa diciotto opere dram­matiche, ventisette comiche, sei intermezzi, cantate e serenate: cinquantun lavori, più due opere mancanti di data certa. Gli ven­gono attribuite anche altre tre opere (Giampiero Tintori: “L’O­pera Napoletana”, Ricordi, 1958). La deplorevole mancata conservazione in Italia del patrimo­nio musicale del Latilla non consente una totale valutazione critica del compositore barese. Ma questo accade da noi e non all’estero, dove la produzione musicale italiana viene ricercata e conservata con interesse non uguale al nostro.

Musica del Latilla è posseduta dal British Museum di Londra: Angelica e Orlando e Don Calascione. Nella Biblioteca del Conservatorio di Bruxelles: La finta cameriera, La giardiniera contessa, un intermezzo, una sinfonia e un duetto; in quella di Vienna: Siroe, Temistocle, un duetto e un’aria; nella Biblio­teca dell’Opéra di Parigi: Gli artigiani arricchiti. Arie, duetti e terzetti sono conservati nelle Biblioteche di Ber­lino, Copenhagen, Dresda, Washington, Upsala. In qualche biblioteca italiana come Modena e Bologna vi sono duetti e qualche aria tratti dalle sue opere, mentre, a parte Antigone, di quanto è posseduto dalla Biblioteca del Conser­vatorio di Napoli non è possibile dare notizie precise non per colpa di chi scrive.

Ho la speranza di poter completare l’argomento con maggiori notizie non appena avrò terminato alcune ricerche in corso.

Il Latilla dedicò all’insegnamento gli ultimi anni della sua vita e fra i molti suoi allievi ebbe il maestro Th. Attwood che gli pre­sentò il futuro compositore G. G. Ferrari, il quale, nel cap. XVII degli “Aneddoti piacevoli e interessanti, ecc.” (Sandron, Palermo, s. d.), descrive l’incontro con il Maestro nell’estate del 1785. “ (…) Latilla sapeva perfettamente il contrappunto. Era un poco lazzarone, ma buono come tutti quei lazzari, purché abbiano il mezzo di procacciarsi un piatto di maccheroni. Prendeva Latilla un carlino per lezione (quattro soldi e mezzo inglesi) dai professori napoletani; due carlini dai forestieri in generale, e tre carlini dagli inglesi. Io gli offersi due carlini come semplice forestiero, ma egli mi dísse: No, tu sì tirulese, fai a rima cu ll’ingrese, ergo tu m’aie da pavà comme pave l’amico tuo. Mi sottomisi ad un argomento altrettanto intrepido che buffone, e mi trovai poscia felice d’aver un maestro dotto che veniva da me quattro volte la settimana e che restava meco per ore intere”.

Questo dimostra il carattere semplice, scherzoso e scanzonato del Latilla e per lazzarone, secondo l’accezione dell’epoca, biso­gna intendere uomo del popolo. Solo più tardi, in seguito alle rivolte, lazzarone volle significare ben altro. Ecco, invece, come viene considerato da compositore: De Brosses: “Latilla è oggi in Roma l’autore alla moda, l’Opera “Si­roe” che diede al Teatro Alibert è sua composizione”. In un altro brano: “La maggior parte delle opere comiche eseguite a Londra e che hanno avuto successo al tempo del Pertici e Laschi erano composizioni di Latilla: “La commedia in commedia”, “Don Ca­lascione” ed altre”.

Giuseppe Bertini: “Giovane fu rivale di Iom­melli e di Galuppi nelle sue composizioni da teatro, ma conservò poi più che essi la maniera semplice e seria dell’antica scuola. Gli Italiani l’hanno in conto de’ migliori moderni contrappuntisti”. Fétis (compositore belga): (…) “Peu de compositeurs de l’école na­politaine ont eu un style aussi correct que lui: sa musique d’église est particulièrement remarquable à cet égard. Je possède de lui une messe à quatre voix avec orgue, et le psaume ‘In exitu’ à cinq, compositions de grand mérite”.

Giuseppe Trambusti: “Fu stimato buon contrappuntista. Sem­bra che riuscisse assai meglio nell’opera buffa onde furono cele­bratissime le opere: “La commedia in commedia”, “Don Cala­scione” e la “Buona figliuola”.

Franco Caffi (musicista): “La facilità e la prontezza nello scrivere, il suo musicale concetto anche intrecciando al canto la strumentazione, fu uno dei meriti principali di questo valente musurgo”. Clément e Larousse (parlano degli Artigiani Arricchiti): “Les ouvrages de Latilla étaient d’excellents modèles de correction et de pureté de style”.

Florimo: “Pochi compositori della scuola napoletana di quel tempo erano corretti nello stile come lui. Gli Italiani lo stimarono come uno dei migliori contrappuntisti della sua età”. George de St. Foix: “Latilla fu un uomo nel contempo ori­ginale, sapiente ed attraente. La sua grande reputazione di contrap­puntista deve la sua durevole solidità alle numerose opere buffe, al di fuori della loro spigliatezza e della loro originalità. Sarebbe desiderabile che i quartetti di Latilla fossero pubblicati e suonati: soltanto con la loro audizione verrebbe a risorgere con maggiore efficacia tutto quello che noi cerchiamo di mettere qui in luce”.

Il giudizio di tale musicista mette bene a fuoco il valore di una parte del Latilla.

Dove e quando morì Latilla?

Ecco un punto oscuro per molti biografi del nostro compositore. Giulio Petroni in “Della Storia di Bari” (vol. 2°, pag. 367), ignora dove sia morto.

Carlo Villani in “Scrittori ed Artisti Pu­gliesi” (pag. 495: “Morì in Napoli nel 1789”); V. Roppo nel 3° volume della Storia del Petroni, asserisce: “Visse sino al 1789”; Giampiero Tintori in “L’Opera Napoletana”, a pag. 191, lo dà morto il 1791, Mario Bellucci La Salandra: “Alcuni scrittori pongono la data di morte del musicista nel 1789, altri la danno come avvenuta nel 1791.

Queste due date sono da mettere in dubbio, perché nelle accurate ricerche da noi esperite negli archivi di Na­poli, non siamo riusciti a trovare una sola notizia che potesse rife­rirsi a tale evento, mentre l’Eitner indica l’anno 1789”.

Faccio a meno di trascrivere altre citazioni errate.

Gaetano Latilla, come risulta dal Libro XX dei defunti della Parrocchia Sant’Anna di Palazzo di Napoli, a pag. 41, morì in quella città, vedovo, il 15 gennaio del 1788.   (riproduzione riservata – 1968)

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VILLAROSA (Marchese di) – Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli raccolte da. – Napoli, Dalla Stamperia, Reale, 1840.

VITERBO M. – Gaetano Latilla zio e maestro di Niccolò Pic­cinni, in “La Gazzetta del Mezzogiorno” (16.11.1957).

VOLPICELLA L. – Bibliografia storica della provincia di Bari. Napoli, Tip. Accademia Reale delle Scienze, 1884-87.

WILL T. – I teatri musicali veneziani del Settecento. Catalogo delle opere in musica rappresentate nel sec. XVIII in Venezia (1701-1800) – Venezia, F.lli Visentini, 1897.

WOTQUENNE A. – Cataloque de la Bibliothèque du Conservatoire Royal de Musique de Bruxelles. Bruxelles, 1901.

 

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