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Civiltà musicale pugliese

GAETANO MAIORANO detto Caffarelli

Nello stupendo e affascinante mondo della storia della musica, raramente si è ripetuto il caso del cantante Gaetano Maiorano detto “Caffarelli”.
Questo sopranista conteso da compositori, impresari, monarchi e fanatici, ebbe bravura pari a uno smodato amor proprio che gli procurò infiniti guai che non gli servirono mai di lezione.
La bravura, altresì, gli consentì guadagni favolosi che gli permisero l’acquisto di un feudo in Terra d’Otranto, e diventare così duca di San Donato (e non di San Dorato come afferma erroneamente il Burney nel “Viaggio musicale in Italia”) e costruirsi un palazzo ancora esistente in Via Carminiello a Napoli.
A Bari, ritenendolo concittadino, gli dedicarono l’attuale Via Dante Alighieri, ma De Nicolò nella tornata consiliare del 12 novembre 1894 dichiarava che “non sa persuadersi come possa noverarsi fra gli uomini illustri un evirato o cantore qual fu Caffarelli. E propone che al nome di Caffarelli si sostituisca quello dell’altissimo poeta Dante che è espressione della più alta virilità del pensiero italiano. Il Consiglio approva”. (N. 134 pag. 261 del Registro dell’Archivio Comunale).
Ma procediamo con ordine. Le notizie sulla sua infanzia sono alquanto nebulose. Si dice che un maestro, un certo Caffaro (non è certamente il Salentino, come afferma la maggioranza degli studiosi, perché questi nacque il 1706 ed aveva appena quattro anni più di Caffarelli), dopo averlo esaminato avrebbe intravisto uno stupendo avvenire artistico, consigliando il padre a portarlo a Norcia per farlo evirare.
Mario Bellucci La Salandra, invece, indica come centri di evirazione Bologna, la Romagna e l’Umbria.
Inoltre, nelle “Memorie Storiche” di Norcia, stampate nel 1869 nulla si riscontra che si riferisca ad operazioni del genere, cosa, invece, che risulta praticata in un comune vicino e cioè Preci. (Vedi “Lettera apologetica storico critica sopra uno scritto divulgato contro l’antichissima città di Norcia”, compilata da Francesco Crispoli, in data 20 settembre 1788).
Dopo l’operazione, il Caffaro, notato il sorprendente progresso dell’allievo, lo avrebbe mandato a sue spese a Napoli, da Porpora che sembra gli avesse detto, dopo cinque anni di esercizi “di scale gravi e scale per il gorgheggio e abilità”: “Vattene figliol mio! Io non ho altro da insegnarti. Tu sei il primo cantante dell’Italia e del mondo!”.
Difatti non aveva sedici anni quando si presentò sulle scene del Teatro delle Dame (o Teatro Alibert) in Roma. Esordì con il suo nome e cognome e con l’aggiunta di “detto Caffarellino”, durante il Carnevale del 1726 nell’opera “Il Valdemaro” del maestro tranese Domenico Sarro (o Sarri), vice maestro della R. Cappella di Napoli e no, come sostiene il Fétis e quanti concordano con lui, nel 1724 al Teatro Valle.
Tale Teatro fu invece inaugurato nel primo trimestre del 1727 con la commedia “Matilde” di Fra Gianantonio Bianchi; (Vedi U. Rolandi, “A proposito del bicentenario del Teatro Valle ecc.”, Roma, 1927, e Alberto De Angelis “Il Teatro Alibert o delle Dame”, Tivoli, Chicca, pag. 144).
Il 1728 cantò al Teatro S. Samuele di Venezia, poi passò al Regio di Torino e in seguito al Teatro Ducale di Milano nella “Didone Abbandonata” del Sarro. Nel 1730 si esibì al Capranica di Roma. E così interpretando da artista raffinato, passa dal “Germanico” di Porpora al “Caudace” del Lampugnani, e dal “Castello di Atlante” di Leonardo Leo (ignota al Florimo) alla “Merope”» di Zeno.
In tal modo dalla Spagna al Portogallo, dalla Francia all’Austria, Caffarelli è sempre richiesto, implorato, osannato, nonostante le sue bizzarrie, intrighi, arroganze, capricci e litigi, dimostrando una fastidiosissima tronfia vanità.
Egli rivaleggia con i suoi quotati contemporanei Matteo Sassani (Matteucci), Giovanni Grossi (Siface), Grimaldi Baldassarre Ferri, Gizziello, Carlo Broschi detto Farinello (o Farinelli) di Andria e, riesce a sovrastare tutti ed a uguagliare Farinelli che, se gli era pari in bravura, lo superava per gentilezza e modestia.
Ma Caffarelli, dal carattere burlesco, sprezzante, litigioso non ebbe amici. Lo possedeva una tale considerazione di sé da risultare antipatico a quanti lo avvicinassero. Per contro, le sue eccezionali qualità canore influivano nell’indulgere alle sue stravaganze così tipiche nelle capricciose prime donne di quel mondo musicale.
Una volta, durante la prima di “Olimpia nell’isola di Ecuba” di Gaetano Latilla (1741) l’Uditore fu costretto a “farlo arrestare immantinenti compita l’opera, nelle carceri di San Giacomo, per sua dovuta mortificazione”.
Un’altra volta fà in tempo a scappare e nascondersi entro un pozzo a causa di una relazione con una donna appartenente ad un uomo geloso.
Prepotente e indisciplinato oltre ogni immaginazione straripava con le sue stranezze, sapendo quanto fosse ben visto dal Sovrano e dalla nobiltà, nonostante i suoi insopportabili capricci.
Tempo prima aveva indotto l’Uditore Generale a rivolgersi al Ministro Marchese di Sales “per sette o otto positive malecreanze usategli”.
In seguito lo stesso Uditore stende una relazione riguardante un altro increscioso incidente avvenuto nella Chiesa di Donna Romita per la celebrazione di una funzione della professione d’una Monaca Dama con pieno concorso di Dame e Cavalieri.
Un violinista, che distribuiva le parti, porse alcuni fogli al contralto barese Reginelli dicendo “di darli a don Gaetano”. E poiché oltre a Gaetano Maiorano, vi era don Gaetano Leuzzi sacerdote che cantava da tenore, il Reginelli domandò di quale don Gaetano si trattasse.
Apriti cielo! Come? Reginelli non sapeva chi fosse don Gaetano con Caffarelli presente?
Con sprezzo e cipiglio minaccioso Maiorano offese a sangue il Reginelli con “parole pungenti e disoneste”.
Ne nacque un putiferio. Volarono parolacce e insulti. I due misero mano ai bastoni e se le diedero di santa ragione finché il Caffarelli estrasse la spada fra le grida delle monache spaventate.
Entrambi furono condannati dopo regolare processo.
Tutto qui il Maiorano? Queste le sue stravaganze? Niente affatto! L’Ulloa in una sua relazione così si esprime: “ora perturbando la quiete degli altri rappresentanti, ora usando degli atti attinenti a lascivia con una delle rappresentanti medesime, ora parlando da sul teatro con le persone spettatrici che erano nei palchi, ora facendo l’eco sul teatro a chi della compagnia cantava la aria, ora finalmente a non voler cantare il ripieno con gli altri..”.
Ma dopo essersi riconosciuto più “imprudente che reo”, Caffarelli promette per l’avvenire di comportarsi in modo corretto.
Mantiene la promessa? Neanche per sogno.
All’estero e in Italia si produce in altri gravi episodi che gli procurano arresti in casa. A Vienna, per il portamento sdegnoso e sprezzante provoca una rissa e dà “del c…” a chi aveva ordinato le “pruove”.
Mano al brando e via gli astanti a precipitarsi nel dividerlo dal suo avversario. Ma Caffarelli riscuote applausi, trionfi, è insistentemente ricercato anche se “malmena la comica” ed ottiene continui successi, malgrado la sua sfacciata tracotanza. (E.Faustini Fasini – “Gli astri maggiori del bel canto napoletano ecc. “, Roma, Psalterium, 1938).
Dov’era nato Caffarelli?
A Bari, secondo il Fétis, il 16.4.1703, (in “Biographie Universelle des Musiciens et Bibliographie Générale de la Musique”, Paris, Lib. de Firmin-Didot et C., 1877-83, 2a ed.); il Florimo in ” La scuola musicale di Napoli e i suoi Conservatori con uno sguardo sulla storia della musica in Italia”; Napoli, Morano, 1881, 2a ed.; il Villani in “Scrittori ed artisti pugliesi, antichi, moderni e contemporanei”; Trani, Vecchi, 1904; il Mila in “Grande Dizionario Enciclopedico – Fedele”, Torino, Utet, vol. II, pagina 802; il prof. Arnaldo Bonaventura in “Enciclopedia Treccani”; Salvatore Di Giacomo in “I quattro antichi conservatori di musica a Napoli”; Palermo, Sandron, s. d., vol. Il, pag. 117; Amintore Galli in “Lessico del Musicista”, Milano, Ricordi, 1902; E. Magni Duffloco in “Storia della Musica dal sec. XVIII ai nostri giorni”, Milano, Soc. Ed. Libraria, 1930; “Enciclopedia Pomba”, Torino, Utet, 1948; Domenico Mele in “Guida commerciale della Città di Bari”, Bari, 1882, pag. 32 e Hugo Riemann in “Musik Lexicon”, Lipsia, 1882.
A Bari il 1710 lo dà il Grossi in “Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli”, Napoli, 1819; il Faenza in “Barinon”, Bari, 1881; il Petroni in “Della Storia di Bari”, Napoli, Stamperia e cartiere del Fibreno, 1857, vol. II, pag. 366. Il Croce in ” Aneddoti e profili settecenteschi”, Palermo, 1932, lo dà nato a Bari il 1708; Michele Garruba in “Serie Critica dei sacri pastori baresi”, Bari, Giannone, 1844, pag. 696, il 1710.
Anche chi scrive e tutti gli storici baresi lo hanno dato nato nella capitale delle Puglie. Ma scrupolose ricerche fatte presso l’Archivio Arcivescovile di Bari hanno dimostrato che tali dati non risultano, mentre le minuziose indagini eseguite presso le parrocchie di Bitonto hanno messo in evidenza che Gaetano Maiorano era nato in quest’ultima città.
Ecco il certificato di nascita:
“Parrocchia S. Giovanni Evangelista, Bitonto: “Attesto che dai registri parrocchiali risulta: Il 16 aprile 1710 il sac. don Francesco Padula con licenza ha battezzato Gaetano, Carmine, Francesco Paolo, figlio legittimo e nato da Vito Maiorano e da Anna Fornella, il compare fu il sig. don Lorenzo Alburquerque, nacque il 12 di detto mese e anno Laus Deo. Firm. d. Giov. Batt. Latillo”.
Ma se dalla fotografia dell’atto inserito nel registro dei battesimi non risulta molto chiaro il cognome per pasticciature commesse dal parroco del tempo, tutto ciò non influisce minimamente su quanto è ampiamente dimostrato in seguito.
“Morì nel Feudo di San Donato”, come è stato sostenuto dal Florimo e da altri biografi?
No. Il Feudo di San Donato non era situato in Campania, ma in Terra d’Otranto e il Caffarelli con istrumento del 10 novembre del 1757 del notaio Michele Valenza, compra il Feudo “…con tutti li corpi così feudali”, dall’illustrissimo Duca di San Donato sig. Antonio De Angelis (Arch. Stat. Nap. cedolari nuovi – vol. 29 – foglio 452 – Terra d’Otranto).
A toglierci ogni dubbio sulla nascita del Nostro ecco altri elementi a sostegno dell’estratto di nascita. Nel 1768 quando un suo nipote, figlio del fratello Pasquale, a nome Gaetano Vito divenne prete, il Maiorano gli “assegnava un sottano o basso di una casa che con giusto titolo esso D. Gaetano Maiorano Caffarelli possiede nell’abitato di detta città di Bitonto” (Arch. Stat. Nap. Esped. Eccl. fasc. 333). Il rogito del notaio Gaetano Manduca nel 1768 ci dice che la casa del Caffarelli a Bitonto era posta nella strada che sporge alla ven. Chiesa e Convento dei RR. PP. Predicatori di San Domenico.
Da un altro atto notarile del 25-11-1739 (Arch. di Stato Nap. Sez. Giust. Pand. Nuova 4 1180-3) del notaio G. Formelli sappiamo delle proprietà del Caffarelli in Bitonto che fanno parte dell’eredità materna (Anna Fornella di Andrea e Caterina Mariano nacque il 18 ottobre 1690 e morì il 25-10-1721).
Poi, con atto del notaio Palmo Stellacci in data 6 settembre del 1720 gli viene conferito un lascito che la nonna Caterina Maiorano destina al nipote prediletto “D. Cajetano Maiorano, eius pronepoti… et etiam da… peram cum maiori decentia musicae, in qua dictus Cajetanus magnam habere dicitur inclinationem, cupiens se castrare at eunucum fieri, etc. etc.” (Arch. di Stato Nap. Ivi).
E così il Nostro dopo una vita teatrale movimentatissima si spense a Napoli il 31-1-1783, dopo aver ricevuto i sacramenti e aver prescelto la chiesa dei Cappuccini di S. Efremo per la sepoltura. (Atto di morte – Libro XIX Def. Fol. 2101 della Parrocchia di Sant’Anna di Palazzo).

Alfredo Giovine

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