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Bari

I primi pompieri a Bari

Michele Grandolfo, alla fine del secondo atto della Mignon di Thomas che si stava rappresentando al Piccinni la sera del 27 febbraio 1890, va dal guardarobiere, ritira il “sobrattùtte” (soprabito) ed esce dal Teatro. Fra i tanti perché immaginiamo il più plausibile per un appassionato barese di lirica: l’opera non piace e il pensiero va al Trovatore. È quasi mezzanotte, la strada è deserta ed invita al canto. E poiché il freddo “strènge” (stringe), tanto vale adattare Verdi alla circostanza, attaccando “Di quella pira, l’orrendo foco”; almeno ci si riscalda verdianamente col pensiero. Altro che Thomas, Verdi è sempre Verdi e Grandolfo, giunto all’ “all’armi”, si ferma, punta i piedi e alza la testa nello sforzo finale dell’aria. Ma l’acuto gli si spezza in gola quando con il capo in alto scorge lontane lingue di fuoco che escono dalla sommità di un fabbricato. Pensa ad un’allucinazione e si sposta velocemente sul marciapiede opposto. Non ci sono dubbi: all’angolo del Corso Vitttorio Emanuele con Corso Cavour è scoppiato un incendio. Giunto di corsa sul posto si rende conto che sta bruciando l’ultimo piano del fabbricato posto al n. 12 del Corso Vittorio Emanuele. È lo studio fotografico di Michele Fiorino. Non un’anima viva in giro. Grandolfo non si perde d’animo e corre verso la marina richiamando l’attenzione della guardia daziaria e del finanziere di guardia nella garitta. Corrono al Corpo di Guardia Municipale adiacente al Mercato Coperto del Pesce e danno l’allarme.
I “pompieri” sono a due passi e aiutati da qualche volenteroso riescono a domare le fiamme con le “nuove pompe” municipali in dotazione.
Ad incendio spento, la truppa arriva fuori ‘tempo massimo’.
In un baleno la notizia si diffonde e nel Piccinni, molti spettatori abbandonano il teatro andando ad ingrossare il gruppetto di curiosi che sosta nella strada. Poco dopo giunge trafelato e in preda a comprensibile disperazione Michele Fiorino accompagnato dalla moglie e dai figli. Piange! Lo rincuorano inutilmente. Scuote la testa e fra le lacrime esclama: “Tutto è perduto”. Pochi giorni prima aveva profuso non poco denaro per abbellire lo studio.
Assicuratosi che ogni pericolo era stato scongiurato, il drappello dei ‘pompieri’ venne elogiato dal sindaco Capruzzi, dal delegato Caizzi e dal colonnello dei CC. RR. De Angelis, che avevano assistito all’opera di spegnimento diretta dal comandante del reparto, il sergente Rinaldi.
In questa occasione i “pompieri” dimostrarono quali risultati si potevano conseguire con un reparto anche se in via di formazione rispetto al passato, in cui il compito veniva affidato alla truppa ed a un paio di guardie municipali sprovviste di ogni addestramento.
Già dall’inizio della seconda metà del diciannovesimo secolo l’Intendente di Bari, Aiossa, aveva sondato inutilmente il terreno presso le autorità comunali per la costituzione di un corpo specializzato in analogia a quanto era stato costituito nell’allora capitale Napoli. Ma per un complesso di ragioni il corpo dei pompieri doveva passare attraverso sistemazioni ibride e provvisorie fino a quando si ebbe la costituzione ufficiale all’inizio dell’ultimo decennio del  secolo. Quindi si trattava di un altro passo avanti, ma non definitivo e razionale. Si deliberava senza raggiungere la realizzazione pratica. La stampa sferzò più volte l’indolenza delle autorità comunali e finalmente il 25 ottobre 1898 si collaudarono nuove pompe della ditta Bergia di Torino capaci del getto orizzontale fino a 30 metri e di metri 25 in altezza, della portata di 300 litri d’acqua al minuto. “Le due pompe aspiranti e prementi erano montate su mezzi molleggiati a due ruote con doppio attacco per traino a mano o con cavallo”. La parte logistica comprendeva due estintori e sei bottazzi per l’acqua. L’operazione di collaudo durò due ore e fu effettuata dai “pompieri” ma, sembra incredibile, non esisteva il posto per conservare l’attrezzatura. Comunque, furono effettuati alcuni corsi di addestramento e, quando le cose presero la piega di una certa serietà, il 4 maggio 1900 la squadra dei sedici pompieri sfilò in grande uniforme fra gli applausi dei passanti di Corso Vittorio Emanuele, per recarsi dal Sindaco che rivolse parole di circostanza al sergente Rinaldi ed ai suoi dipendenti. Essi dettero, finalmente, la sensazione di essere bene “organizzati per disimpegnare con migliori capacità il loro importante servizio sempre carente in fatto di preparazione”. In tale occasione furono scattate alcune fotografie in “Chiàzze Fìirre Fùse” (attuale Banca d’Italia) e di esse vengono riprodotte rare e interessanti immagini. (a.g. – 1982)

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