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Bari

Monumento a Umberto I – inaugurazione

L’undici giugno 1905 la città di Bari si svegliò tutta imbandierata al suono di numerose bande che percorsero le sue strade invitando i cittadini ad affluire nei giardini dell’Ateneo per assistere all’inaugurazione del monumento a Umberto I.
Alla particolare cerimonia intervennero i reali, Vittorio Emanuele III con la moglie, accolti con i massimi onori dal sindaco Paolo Lembo (i suoi elettori lo sostenevanO al grido di “Uaggnùne, gredàme sèmbe/ Evviv’a PPàule Lèmbe/ S’ha sfennàte la grangàssce/ E Petrère è ssciùt’abbàssce”: Ragazzi, gridiamo sempre. Viva Paolo Lembo. La grancassa propagandistica dei nostri avversari s’è rotta e Petrera ha perduto. Petrera era un altro stimato uomo politico del tempo militante in partito avverso).
La cittadinanza si riversò in Piazza Umberto ed esternò la sua sentita partecipazione all’ avvenimento, che venne considerato quale riconoscimento onorifico della crescente presenza di Bari nella vita della comunità nazionale.
Agli interminabili evviva si mescolarono pure quelli dei facchini, cioè “de le vastàse de la Sòggie” (`vastàse’ dal greco ‘bastazo': io porto; ‘Sòggie': società operaia) che, capitanati da Pietro Di Benedetto, soprannominato “u Nase”,  nel 1880 ottennero le prime case popolari in piazza Sant’ Antonio, inaugurate proprio da Umberto I.
La coppia reale assistette alla rappresentazione dell’Aida al Petruzzelli e, venne accolta dalla marcia reale e dell`entusiastico saluto degli spettatori. I festeggiamenti allietarono tutti, eccetto lo scultore molfettese Cifariello, il quale pochi giorni prima aveva dovuto litigare con il fonditore Bastianelli che lo percosse durante un diverbio causato dalla rottura di alcuni calchi. E per ottenere un acconto ricorse all’espediente di non consegnare la coda del cavallo di bronzo fino a quando non gli avessero versato il denaro dovutogli.
A tali spiacevolezze si aggiunsero le conseguenze del frivolo carattere della moglie, incoraggiante e arrendevole preda di cacciatori di avventure galanti ed il fatto sfociò in fosca tragedia.
In una vita densa di amarezza lo scultore ricordò sempre con gratitudine l’amicizia dei Re David ed il suo eccellente collaboratore Cozzoli di Molfetta.
Ma sembrerà strano che, in ispregio agli unanimi consensi, l’unico insoddisfatto del monumento fu proprio il suo autore.
Egli dichiarò: “Lavorai indefessamente ed esposi al pubblico la statua equestre. Contrariamente ad ogni mia aspettativa piacque molto; (…) io (…) avrei imposto la mia volontà per evitare la coreografica rappresentazione di un re buono e pietoso in atteggiamento di generale: e neppure di conquistatore ma di generale che passa in rivista le truppe. Pare incredibile che nessuno ancora si accorga di simili stonature”. (da “Bari dei fanali a gas” di a.g.- riproduzione riservata)

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