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Civiltà musicale pugliese

NICOLA COSTA di alfredo giovine

Chi ha avuto la fortuna di conoscere Nicola Costa troverà inadeguato quanto diremo di lui. Buono di animo e di carattere mite, dava a tutti l’idea di un altro Cilea, per il quale aveva una rispettosa devozione; ma il suo prediletto era Pietro Mascagni che formulò l’augurio di vederlo presto nell’ ‘arringo’ dell’arte combattente forte con le armi geniali della sua fresca melodia. E l’autore di Cavalleria, pure per questo, lo onorò della sua amicizia, alla quale il Costa teneva particolarmente, anche se sopportava pazientemente di fare il ‘quarto’ nelle movimentate partite di scopone, ‘imposte’ con il suo ascendente dal vulcanico livornese.

Il Costa nacque a Napoli il 31 maggio 1879 e, appena raggiunti i limiti d’età, entrò nel Conservatorio di San Pietro a Maiella, dove ebbe come maestri Simonetti per il pianoforte e Serrao per la composizione. Ancora giovanissimo, esordì felicemente come concertista, riscuotendo in seguito maggiori consensi. Rubinstein, dopo un’esecuzione, gli disse: Voi sentite Chopin come lo sento io. Ma il Costa, quando avvertì che il bisogno di creare era divenuto infrenabile, si dedicò alla composizione, presentando al Teatro Vittorio Emanuele di Benevento l’opera in 3 atti, Jarba su libretto di S. Cosentini. Il successo ottenuto diede al compositore la certezza di essere sulla strada giusta. Lavorò sodo un decennio per presentare nel 1915 al Petruzzelli di Bari l’opera in un atto Margot del librettista Daniele Oberto Marrana.

Ad Altamura la stessa opera ebbe identica e calorosa accoglienza che il pubblico barese aveva riservato alla prima assoluta. L’altra sua fatica, in collaborazione con S. Gallietti, La Sagra dei Fringuelli, opera in tre atti su libretto di A. Colantuoni, venne rappresentata nello stesso anno 1915 al Teatro Goldoni di Venezia e nel 1916 a Bologna. Anche in quest’occasione il Costa ebbe sensibili soddisfazioni che lo indussero a partecipare al Concorso N. D’Atri in Roma, classificandosi al secondo posto con Lu e Lao-Pu, opera in un atto su libretto di S. Parisi. L’opera, data al Petruzzelli il 12 gennaio 1952, riserbò all’Autore un vero trionfo e le feste al Costa furono imponenti. Il pubblico rimase in piedi parecchio tempo, applaudendo con calore e offrendo al maestro numerosi fasci di fiori. La stampa fu concorde nel riconoscere in Costa una maturità musicale notevole. “Costa – così si esprimeva il compianto prof. Leonardo Mastrandrea ne La Gazzetta del Mezzogiorno –  bisogna riconoscerlo con franchezza, ha dato alla musica e all’episodio grazia e lindura. Senza voler strafare ha posto l’orchestra in puntuale ed equilibrato ritmo con la scena. Pagine melodiche hanno contribuito a levigare l’episodio come il canto di Lao “Nel mio campo di bambù”. Costa si è rivelato compositore accorto, schietto e chiaro. Ha messo da parte deliberatamente ogni pretesa dottrinale e ha scritto musica italiana”.

Il Costa si cimentò pure nell’operetta, esibendosi con l’applaudita Apaches al Petruzzelli nel 1918 e dopo all’Adriano di Roma. Dopo circa 30 anni, durante i quali formò un gran numero di pianisti, di cui non pochi ebbero a farsi onore nell’insegnamento e nel concertismo, Costa, come docente di pianoforte dell’ex Liceo Musicale ‘N. Piccinni’, si staccò dal Conservatorio. Ma non rimase inoperoso. Egli, infatti, lasciò non rappresentate altre opere come Letizia, Stefana Laia e Corso Cerchi in 3 atti su libretto di S. Parisi.

A Roma, dove si era stabilito, morì il 19 marzo del 1963.

Amato da tutti, al Costa non poteva mancare un’altra testimonianza della nobile missione di cui Biagio Grimaldi da tempo porta il pesante fardello con sacrifici personali. Il noto maestro barese dedicò alle musiche costiane vari concerti, fra i quali primeggiarono quello del 14 giugno 1942 e quello del 14 aprile1964 in occasione del 639° concerto dalla fondazione dell’Accademia Polifonica Barese.

Schivo e modesto – scriveva N. Sbisà in un riuscito profilo - Costa componeva forse più per sé stesso che per gli altri e la sua produzione, per altro vastissima, è perciò oggi in buona parte inedita. Con Nicola Costa, suo figlio adottivo, Bari ha perso dunque uno dei suoi musicisti più valorosi. La traccia incancellabile che egli lascia nella storia musicale della città potrà ben servire d’esempio alle giovani generazioni. (riproduzione riservata – 1968)

Foto: Il m° Costa, con un fascio di fiori e il m° Ottavio Ziino.

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