Vigilia San Giovanni, 23 giugno 2013, Bari – Palazzo della provincia
Nell’ambito del tradizionale appuntamento di fine giugno, sovrinteso dal dinamico consigliere Nicola De Matteo, organizzata dall’amministrazione Provinciale di Bari, si è svolta negli ampi saloni del Palazzo, nella suggestiva “Notte Bianca della Poesia, anche la serata dedicata alla poesia dialettale, non solo barese e pugliese.
Confermato l’incarico, l’Accademia della Lingua barese “Alfredo Giovine”, ha predisposto un programma ricco di esibizioni per numerosi autori e fini dicitori.
La concomitante ricorrenza della vigilia di san Giovanni ha consentito di rendere il cartellone attraente e vario.
Il salone della Giunta Provinciale, riservato al dialetto, era stato allestito con lampioncini, festoni, come nella migliore tradizione di san Giovanni.
Le esibizioni hanno avuto inizio con autori e appassionati ultra-ottantenni, che non si sono lasciati sfuggire tale opportunità e ai quali è stata data precedenza, hanno, poi, guadagnato la pedana, tutti gli altri, con un repertorio di tutto riguardo, per i nostri più conosciuti poeti. Qualche nome nuovo, che comincia a sgomitare, non è mancato e si è affacciato alla ribalta, con piglio da veterano.
Anche due momenti musicali, affidati a Davide Ceddia e Dario Sckèpisi, due nostri “geniali” musicisti, conoscitori dell’idioma barese, ormai noti anche “fuori casa”. La serata dialettale è stata aperta con la gradita visita a sorpresa del presidente, prof. Schittulli, cui ha fatto seguito una nota commemorativa per il bicentenario della nascita di Francesco Saverio Abbrescia (1813-2013), primo poeta dialettale, da parte del presidente dell’Accademia, Felice Giovine , che ha recitato, inscenando, insieme a Marisa Eugeni, il duetto “U zite e la zite arragàte”.
Dispetti, rancori, minacce, due innamorati in lite, si gettano “le forme m-bbàcce”, deliziando e interessando l’uditore con termini anche desueti, alcuni scomparsi ma ricchi di etimologia, di significati, di storia e sentimenti che solo il dialetto sa esprimere.
La sala sempre gremita con un via-vai continuo di gente, anche giovani e giovanissimi, che hanno gustato puri e semplici momenti di svago e di cultura; è stata una ghiotta occasione per far uscire finalmente il dialetto dal “ghetto” delle quattro mura di casa, un trampolino di lancio per tanti appassionati delle proprie tradizioni; poi, allo scoccare della mezzanotte, sono state lanciate dal sottostante lungomare, variopinte e luminose mongolfiere. Ma la notte dei poeti non si è fermata lì.
Appuntamento allora, per l’anno prossimo… “ce Crìste nge fasce cambà”.
Felice Giovine