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Bari

24 maggio 1915

anti austria 042

24 maggio 1915

A differenza di molti anni fa, i giovani di oggi si vedono sfilare in cortei pacifisti anche se qualche volta organizzati con lo scopo di dar loro un’etichetta che nasconda ben altro.

Quando si manifesta sinceramente l’amore per la pace tale comportamento va indubbiamente lodato. Molti lutti hanno sempre colpito numerose famiglie negli affetti più cari. Ieri, invece, era facile infiammarsi per ideali nobili o di mera apparenza. E per dare un’idea sia pure approssimativa di certe dimostrazioni basta riportarsi al clima precedente allo scoppio della prima guerra mondiale.

Fra i tanti casi verificatisi a Bari quello del 14 febbraio 1915 merita un cenno. Con bandiere belghe e francesi abbrunate i manifestanti percorsero le principali vie cittadine invitando commercianti e privati ad esporre la bandiera nazionale. Strada facendo il corteo si ingrossò notevolmente dirigendosi verso il consolato austriaco in Piazza Umberto per assalirlo, ma trovò soldati e bersaglieri ben decisi a difendere quella sede.

Contrariati dall’imprevisto ostacolo gli animi si accesero maggiormente facendo temere pericolosi disordini. Il tempestivo intervento dell’on. Lembo convinse i dimostranti a seguire il parlamentare per via Sparano e a disperdersi.

Il prestigio del noto uomo politico e la sua affascinante parola ebbero effetto positivo sugli animi esaltati dei giovani. Ma il 24 maggio successivo, non appena si diffuse la notizia della dichiarazione di guerra del nostro Paese all’Austria-Ungheria, gli studenti di tutte le scuole baresi scesero nelle strade per inscenare altre manifestazioni patriottiche con l’obiettivo di tumultuare sotto la sede del consolato tedesco in via Nicolai e sotto quello austriaco in Piazza Umberto (palazzo De Tintis).

Fermati da agenti della forza pubblica i dimostranti lanciavano grida ostili contro l’Austria, cantando a squarciagola alcune strampalate strofette caricaturali adattate a un motivetto in voga:

La figghie de Cècco Pèppe / S’ha ffatte aviatòre / M-mancanze de benzine / Pesciàve iind’o motòre / Mbbò, mbbò, mbbò e mbimbirimbimbibò” (La figlia di Francesco Giuseppe s’è arruolata come aviatrice. Mancando di benzina, fa… “pipi” nel motore).

Ma i manifestanti chiedevano soprattutto a gran voce lo stemma austriaco per farne oggetto di scherno. Al rifiuto del console, i tumultuanti fecero seguire lanci di calamai d’inchiostro che lasciarono le loro tracce sul prospetto del fabbricato e sullo stemma fissato alla ringhiera del balcone del consolato.

Sprangate le finestre, il console provvide a mettersi in salvo attraversando i lastrici solari dei palazzi vicini. La tensione aumentò pericolosamente fino a contagiare i dipendenti della Società Elettrica Barese giunti sul posto con la scala Porta, che dalla strada venne puntata come un cannone in direzione del balcone del secondo piano. Il capotecnico Picocelli iniziò la scalata accolto da fragorosi applausi e grida di Viva l’Italia e abbasso l’Austria. Lo stemma fu staccato con un complicato lavoro di pinze. Al grido di Picocelli: «Ce ttène la cape de fíirre?» (Chi ha la testa di ferro? È un vecchio detto ironico barese che significa press’a poco se non vi togliete di sotto riceverete questo pesante oggetto sulla testa). Tutti si ritirarono precipitosamente e lo stemma cadde pesantemente sulla parte libera del selciato. Afferrato come trofeo di guerra strappato al nemico, la folla invitò Picocelli a proseguire la sua azione. Il capotecnico, quindi, strappò dall’asta la bandiera austriaca ed al suo posto pose quella belga tolta dal balcone di casa Mirenghi. Raggiunto lo scopo i dimostranti percorsero le principali vie cittadine al canto di inni patriottici e mostrando ai cittadini plaudenti l’aborrito stemma austriaco.

Fu una guerra disastrosa, come tutte le guerre. Non pochi di quei giovani non tornarono più. (alfredo giovine – Bari belle époque, Schena ed., 1989)

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