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Bari

Enrico Bambocci: il Parmigiano barese più famoso

Trovata la n. 7 – Completa la serie Bambocci

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La ricerca storica di un documento ovvero di una notizia in archivi e biblioteche, quando ha successo è fonte di un’inspiegabile ma eccitante emozione che non è soltanto soddisfazione. Molto di più.
Nel 1979, raccogliendo cartoline antiche baresi mi soffermai su alcuni splendidi pezzi realizzati dal fotografo-editore Enrico Bambocci. Le ricerche anagrafiche mi portarono a contattare una sua pronipote che possedeva alcune foto di famiglia ma tanti ricordi del bisnonno che contribuirono a ricostruirne la vita.
Egli, oltre la sua attività di studio fotografico, utilizzava le sue istantanee per stampare cartoline in fototipia e di queste aveva realizzato una serie di 40 cartoline (che definirei opere d’arte fotografica), una selezione delle quale, venne esposta nel 1899, a Venezia alla 3ª Mostra Internazionale d’Arte e premiata con medaglia d’oro.
Tale serie è stata oggetto, per pochi ed “iniziati” collezionisti, di affannose ricerche e accaparramenti, e sino ad oggi (2014 ca. n.d.r.), mancava un solo pezzo al suo completamento: la fatidica n. 7. Ecco perciò l’emozione e la soddisfazione per tale scoperta.

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Ma andiamo per gradi e ricostruiamo la vicenda storica di questo noto barese, “Carneade” per i più.
Tramandare ai posteri la propria immagine è stata sempre primaria aspirazione dell’uomo: illusorio espediente per sopravvivere nei ricordi dei propri cari.
Ma una straordinaria scoperta doveva esaudire tale desiderio umano: grazie a Niepce e Daguerre, nel 1839, nasce la Fotografia (‘procedimento al collodio’).
Fra i pionieri baresi della macchina a soffietto, ricordiamo, soprattutto, i F.lli De Mattia ed il settentrionale Enrico Bambocci.
Il Nostro nacque a Parma il 31 marzo 1857, giunse a Bari, giovinetto, in seguito al trasferimento del padre Mamerte, quale Commissario ai depositi della locale Dogana.
A soli 15 anni, abbandonò la scuola e si stabilì, nonostante il diniego paterno, a Napoli, per apprendere i rudimenti della nuova arte ‘la fotografia’, trovando accoglienza, come apprendista, presso lo studio “Pompeiana”, in corso Toledo 205 (premiato alle Esposizioni del 1867 e 1868 con medaglie d’oro e d’argento; al servizio di Casa Reale).
Dai ricordi della pronipote appunto (la nonna era una figlia del Bambocci), apprendiamo le difficoltà e la durezza di quei tempi difficili cui era costretto il giovane Enrico, soggetto anche a dividere la stanza della pensione, con altro residente; solo un telo appeso ad una corda, tirata da un muro all’altro, consentiva a ciascuno la propria indipendenza casalinga.
Ma la passione della camera oscura che lo animava era più forte di qualsiasi privazione e meritava sacrifici.
In pochi anni, per la tenacia dell’apprendimento e di migliorare il proprio stato, divenne padrone dei segreti dello sviluppo e della stampa, acquisendo una tecnica molto personale, emergendo tra i colleghi, per le sue capacità, tanto che il padre, pur di vederlo tornare in seno alla famiglia, lo incitò a mettersi in proprio, finanziando l’apertura di un lussuoso studio, nella principale strada commerciale di Bari, al n. 54, del Corso Vittorio Emanuele II.
Possiamo ipotizzare il 1876, l’anno di inizio dell’attività (Fotografia Alpina), grazie ad una foto eseguita alla madre, Clotilde Fortunati, in nostro possesso.
Di lì a qualche anno, sempre allo stesso indirizzo, assunse la denominazione “Stabilimento Fotografico Milanese E. Bambocci – Unica sede: si eseguiscono ritratti in grande, fino a tre metri; lavori in tessuti, sistema Cooper; su ferro, sistema americano”.
Dal matrimonio, nel 1882, con Elena Di Geso, nacquero otto figli, solo quattro sopravvissuti.
Nel 1891, fotografò alcuni momenti del “famoso” processo alla malavita barese, nell’ “aula bunker” dello stabilimento Iannapulo, che furono pubblicati nell’Illustrazione popolare.
Nel 1895, come editore, pubblicò il primo e unico numero, L’Arte in Puglia, dedicato a Castel del Monte, per i tipi di Valdemaro Vecchi di Trani con zincotipie di Turati di Milano e quattro bellissime tavole in fototipia su cartoncino Bristol di m. 0.52×0.35, con disegni del Bernich e testo dello stesso Bernich, (parte tecnico-critica) e, del Ceci (parte storica); Lire 6.
Nel 1899, partecipò a Venezia, alla Prima Mostra Internazionale di Cartoline Illustrate, nell’ambito della Terza Mostra Internazionale d’Arte con una selezione di una magnifica serie di 40 cartoline di Bari, meritando la Medaglia d’Oro. Quaranta rarità, ricercate e contese da collezionisti che, per oltre 40 anni non sono riusciti a completare la serie e, solo di recente chi scrive ha reperito il pezzo mancante.
Il “feroce Saladino” della serie Bambocci, la n. 7, altro non era che un’immagine del porto girevole di Taranto. Ciò spiega la difficoltà, trattandosi di immagine non prettamente barese.
La partecipazione a numerose altre esposizioni, lo videro premiato sempre con diplomi di merito o con Medaglie d’Oro, a Firenze, Poitiers, Marsiglia, Gand, Lione e Torino, , come dichiara il verso di cartoncini di foto che eseguiva.
Nel maggio 1900, espose cartoline illustrate in fotografie alla Mostra Provinciale di Bari.
Nel 1896, realizzò foto della regina Elena di Montenegro e le spedì ai comuni italiani richiedendo un compenso di Lire Una, nel 1905, ritrasse momenti dell’arrivo e della visita che l’imperatore di Germania, Guglielmo II, fece a Bari, a Bitonto ed Altamura.

enrico bambocci 110Ma lo spirito d’avventura momentaneamente sopìto in lui, non tardò a far sentire nuovamente la sua voce, che prevalse su tutto, anche sulla famiglia e, nel 1906 si trasferì in America, a San Francisco, dove morì il 2 febbraio 1932. Recenti acquisizioni e scoperte ci consentono di tracciare, sommariamente, il periodo americano.

A Bari, dalla relazione con la “tata” dei suoi figli, Carla Hauser, ha un figlio, Filiberto, per cui è costretto a lasciare città e famiglia e migrare in America.
Arriva a New York , il 18.06.1906, con il Prinzess Irene e trova ospitalità presso Joseph Sacco; il 4 ottobre successivo, lo raggiungono la Hauser e il figlio Filiberto.
Apre uno studio fotografico a Santa Clara (San Josè, California) e il 21 luglio 1914 sposa Carla. Nel 1930, i Bambocci risultano residenti a San Mateo, Redwood City, entrambi fotografi (lui 73 anni, lei 53). Il 2 febbraio 1932 Bambocci muore e viene sepolto all’Holey Cross Cemetery Tombstone, Menlo Park, (San Mateo Country, CA, Usa).

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Oggi, a distanza di un secolo, i pochi documenti fotografici salvati dalla distruzione possono testimoniare la genialità del Bambocci, dalle foto di studio, ma soprattutto, dalle immagini che più amava ritrarre, gli aspetti più naturali e caratteristici della vita barese di tutti i giorni. Felice Giovine
(riproduzione riservata).

 

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