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Civiltà musicale pugliese

BRUNO CAMPANELLA di alfredo giovine

Piotr Wollny, maestro polacco, incaricato di concertare e dirigere Il furioso all’isola di San Domingo di Donizetti al Festival dei Due Mondi di Spoleto, litiga con Menotti, artefice del Festival del 1967. I due sono nettamente in contrasto circa il modo di interpretare l’opera. Wollny desidera ‘farla alla tedesca’, il Menotti ‘all’italiana’ e, mancando un compromesso fra i due, il Polacco ritorna in patria lasciando Menotti nei guai. Ma l’autore di Amelia al ballo non si scoraggia. I suoi occhi si posano su un ragazzo che funge da maestro sostituto. Non ha esitazione. “Tu”, dice, “monta sul podio” e lo invita a provare. Il ragazzo, un po’ impacciato, timido e perplesso sulle prime, va oltre le previsioni più rosee. Gli orchestrali sono entusiasti di lui e Menotti è raggiante. Il soggetto dell’imprevisto episodio è Bruno Campanella, nato a Bari il 6 gennaio 1943. Dopo aver studiato pianoforte privatamente con il maestro Ruggieri per cinque anni e composizione per due anni sotto la direzione del maestro De Natale, sostenne i relativi esami con Nino Rota al Conservatorio di Musica di Bari. Conseguita la licenza liceale si iscrisse alla facoltà di lettere classiche presso l’Università di Bari, dove frequenta il 4° anno, avendo anche il tempo per comporre le musiche per Candida di G. B. Shaw. A Firenze, dove risiede con la moglie, frequenta il Conservatorio di quella città studiando direzione d’orchestra con Bellugi, composizione con Prosperi, Lupi e Dallapiccola. Non soltanto il caso singolare che ha rivelato Campanella, ma le particolari doti dimostrate durante l’esecuzione dell’opera Il Furioso all’isola di San Domingo al Teatro Caio Melisso gli hanno consentito di guardare con maggiore fiducia al proprio avvenire artistico. Ma Campanella sa che soltanto con lo studio riuscirà a confermare quanto i critici gli hanno favorevolmente pronosticato. E mentre accarezza questo grande sogno, stringe caramente nelle mani la medaglia ricordo con l’effigie e la firma del grande Toscanini, che la figlia del maestro gli donò quando, dopo la famosa  rappresentazione, visitandolo in camerino e abbracciandolo con effusione ebbe a dirgli: “Ti porterà fortuna, anche mio padre esordì giovanissimo, come te”.

Campanella ebbe a dire “Fra tante cose belle, svoltesi nell’arco di tre ore più che di giorni questa è stata la più bella”. Ed ora, placati i clamori e spente le luci, Campanella avrà bisogno di applicarsi con serietà e rigore agli studi, che gli permetteranno di iniziare il cammino dell’arte e della gloria, appena intraviste.

E da buon barese, discendente di Piccinni, non smentirà quanti lo sostengono con viva simpatia ed affetto. (riproduzione riservata – 1968)

 BIBLIOGRAFIA

LUGATO G., – Un nuovo personaggio di eccezione nel mondo della musica italiana, in “Radiocorriere” del 16-7-1967.

 

 

 

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