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Tradizioni popolari baresi

CANZONI EPICO-LIRICHE

Due parole ai lettori di alfredo giovine

I canti popolari (o « semipopolari? » ) che pubblico furono da me raccolti in circa 10 anni. Essi comprendono un tipo particolare di componimenti che la maggior parte degli studiosi definiscono canzoni epico-liriche o canti narrativi di argomento profano ed altri “ballate”, come direbbero gli Inglesi.

A questi ho aggiunto qualche canto iterativo e alcuni esemplari non bene definibili che possono sembrare reminiscenze, contaminazioni, relitti o avanzi di modelli originari bene o non bene identificati, dissoltisi attraverso i vari passaggi da regione a regione.
Questi canti furono diffusi dai cantastorie con stampe e con mezzi orali e “dovevano piacere soprattutto per l’interesse che offriva la materia: per quei casi tragici e pietosi, lieti e tristi, della bontà ricompensata o vendicata, dell’amore che conduce alla morte, della passione dei sensi che mena al delitto, di adulteri puniti, dell’avventura dall’epilogo ora doloroso ora allegro, di matrimoni imposti a forza, di teneri orfanelli, di muliebri virtù e fedeltà che resiste alla prova, di accortezza che riesce nell’intento, di generosità spensierata, di fortezza d’animo di fronte alla morte imminente” (1).
“E così pure la fantasia del popolo per compiacersi di rispecchiare la splendida vita dei potenti del secolo: le miserie della vita quotidiana e volgare non sembrano al popolo degno soggetto di poetica celebrazione” (2).

“In questo mondo ideale si rifugiava dunque la società quanto più erano crudi i toni della vita reale. Questa materia, insomma, al pari dei romanzi di cavalleria, il sogno di una vita più bella in quel così torbido tramonto del Medio Evo: e costituisce, tuttora, il rifugio prediletto dell’immaginazione popolare” (3).
Secondo taluni la canzone epico-lirica nasce alla fine del Medio Evo fra i popoli del nord Europa per propagarsi specialmente fra quelli di lingua affine.
“In Italia la materia romanzesca e avventurosa delle canzoni epico-liriche, per la maggior parte irradiate dalla Francia, trovasi già nelle ballate dei secoli XII e XIV” (4).
Per Sàntoli “la Francia settentrionale è stata la prima patria delle canzoni epico-liriche, le quali si sono poi largamente diffuse in Provenza, in Catalogna, nell’Italia settentrionale e specialmente nel Piemonte, variamente modificandosi e adattandosi e dando, con la loro esistenza, occasioni a canzoni nuove dello stesso tipo, diffusesi a loro volta in un’area più o meno ampia” (5).
Oggi può dirsi che tali tipi di canzoni siano scomparse. L’atmosfera romantica in cui esse si erano sviluppate si è diradata con il cinema, il giornale, la radio, la televisione, la scuola, i fumetti. Oggi, cessate di vivere, esse non fanno parte che della storia.
Per quanto riguarda Bari si dirà che la maggior parte dei componimenti ha subìto l’influsso dell’ambiente e pertanto sia il cantastorie che il popolano hanno modificato e adattato i canti ai propri gusti, alle proprie aspirazioni e al proprio sentire.
Non solo, nel corso della registrazione del declamato e, poi sùbito dopo, del canto di una canzone, mi sono accorto che il medesimo popolano apportava inconsciamente alcune modifiche al testo recitatomi in precedenza, per cui ho ritenuto opportuno riportare le due lezioni: quella manoscritta che appare sul pentagramma e quella stampata nel libro.

Perciò, dato lo scopo di testimoniare un periodo storico e niente altro, non stava a me avventurarmi nel minato campo delle valutazioni estetiche, delle definizioni, delle teorie e dei concetti, dal quale non si esce che con conclusioni personali molto divergenti dai vari punti di vista dei singoli studiosi.
E’ facile arguire che le poesie raccolte sono ben poca cosa in confronto a quante circolavano un settantennio fa. Me lo assicura mia madre Angela Lopez, vedova Giovine, di anni 90, che è stata per me la migliore informatrice.
Un’altra informatrice, mia cugina Caterina Milella, mi dice che molte canzoni non ebbero fortuna presso il popolino e pertanto scomparvero subito al loro primo apparire. Non nascondo che avevo incominciato un lavoro di riscontro e di approfondimento, ma sollecitato dall’età, che ammonisce “a calar le vele e raccogliere le sarte” (6), non ho esitato oltre a consegnare il dattiloscritto al tipografo.
Ringrazio la prof. Chiara Zurlo e il maestro G. Ligonzo per la trascrizione dei motivi, registrati su nastro magnetico, e non minori grazie rivolgo all’amico dott. Ernesto Boghetich per aver riportato a mano, con sì bella grafia, le note musicali sulla carta da musica.
(1) VITTORIO SÀNTOLI: Forme e spiriti dei canti popolari italiani estr. dagli Atti dell’Accademia Fiorentina di Scienze Morali « La Colombaria », XI, pag. 393-412.
(2) ALESSANDRO D’ANCONA: Saggi di letteratura popolare, Livorno, R. Giusti, 1913, pag. 518.
(3) G. B. BRONZINI: La canzone epico-lirica nell’Italia centro-meridionale, Roma, A. Signorelli, 1956, Vol. I, 46.
(4) G. B. BRONZINI: Op. cit. pag. 48.
(5) VITTORIO SANTOLI: I canti popolari Italiani, Firenze, Sansoni, 1940, pag. 96-97.
(6) GIUSEPPE VIDOSSI: Saggi e scritti minori di folklore, Torino, Bottega d’Erasmo, 1960, pag. 460.

 

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