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Civiltà musicale pugliese

Mastronardi Domenico di alfredo giovine

Un altro protagonista della lirica barese è indubbiamente Domenico Mastronardi. Ancora valido fisicamente, ha visto assottigliare la pattuglia dei suoi colleghi concittadini che, come lui, portarono per il mondo il nome di Bari.

Oggi è uno dei superstiti di un mondo romantico locale che affascinò numerosi giovani che tentarono la magica avventura canora.

Domenico Mastronardi, appartenente alla nota famiglia barese dedita all’industria della pesca, è nato nella nostra città nel 1905.

Attratto dal melodramma e dalla musica lirica, si dilettava cantando romanze e duetti d’opera con amici dei quali facevano parte Mongelli, Signorile, Fanelli, Fiore ed altri.

Presentato alla signora Malvezzi dal cognato Nicola Pintucci, allievo della celebre insegnante di canto operante nella nostra città, Domenico Mastronardi potè mettere a frutto le prime lezioni. Entrò così nel coro del Petruzzelli, diretto da Achille De Pascale dal quale apprese altre nozioni.

A quei tempi Bari viveva un’intensa attività lirica e il noto tenore Macnez, dopo alcune recite date nel nostro maggior teatro, si stabilì nella nostra città impartendo lezioni di canto a giovani volenterosi. Uno dei tanti suoi allievi fu proprio il Mastronardi che, preparato a dovere, potè spiccare il volo per Milano dove vinse una borsa di studio per baritono in un concorso che vedeva in lizza centinaia di promettenti aspiranti. Notato da un impresario fu subito scritturato per cantare a Mantova ne “La Traviata”, riscuotendo validi consensi.

Il collaudo gli consentì di debuttare al Petruzzelli, nella parte di Rigoletto della celebre opera verdiana, il 22 marzo 1930 con Poerio (Il duca), M. Manzoli (Gilda), M. Fiore (Sparafucile), M. Angrisani (Maddalena).

Prese parte a diverse ‘tournée’ in Italia e all’estero. Nel 1932 era di nuovo al Petruzzelli nel “Barbiere” e nel 1934 in “Lucia di Lammermoor” con la Pagliughi e A. Mongelli e poi in Ispagna, Portogallo, Francia dopo aver cantato “L’amico Fritz” al San Carlo di Napoli, diretto da Mascagni.

La sua continua prestigiosità fu eccellente motivo per vederlo scritturato per il primo Carro di Tespi, ideato dal regime fascista per divulgare il melodramma italiano con spettacoli popolari all’aperto. Ma Mastronardi aveva ben altre ambizioni e, infatti, trascorso qualche anno, il soprano Besanzoni formava una compagnia lirica per il sud-America ed ingaggiava, fra i tanti, anche Mastronardi come tenore del quale aveva apprezzato le doti durante un saggio. Così il nostro Minguccio divenne ben presto “Domingo”.

E nel 1935 a Santiago del Cile, debuttando al Municipale in “Pagliacci”, si poneva in vista in quel continente. Dal Cile passò in Bolivia, Ecuador, Perù, Brasile, Uruguay e finalmente in Argentina dove calcò i palcoscenici di non pochi teatri.

In particolare gli fu familiare il Colon in cui, oltre alle maggiori opere di repertorio come “Il Trovatore”, “Andrea Chénier”, “Macbeth”, “Pagliacci” ed altre, rimasero memorabili le interpretazioni di “Conchita” con la Pederzini.

Dopo poco meno di un ventennio di permanenza in sud-America, intervallata da una rapida visita in patria, Mastronardi fece ritorno definitivo a Bari verso il 1950 cantando, nel 1953, “La Fanciulla del West” con l’indimenticabile soprano Franca Sacchi e nello stesso anno “Madama Butterfly”, organizzata da Nicola Pintucci che, con Andrea Bellomo ed altri appassionati furono benemeriti impresari occasionali alieni da qualsiasi interesse personale. (a.g. – riproduzione riservata)

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