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Civiltà musicale pugliese

PASQUALE DI CAGNO di alfredo giovine

 

Nella terra dove nacquero Piccinni, De Giosa, Latilla, De An­tiquis, Rocco Rodio, Pomponio Nenna, Stefano Felis, tutti musi­cisti di cartello, il 27 gennaio del 1888, nacque, Pasquale Di Cagno.

Già a quattro anni suonava a meraviglia la chitarra e, a 6 anni conosceva bene il pianoforte, il che gli consentì di eseguire le sue prime creazioni. Il caso volle che un generale, scendendo le scale di casa, ascol­tasse il prodigioso ragazzo. Fu un attimo. L’alto ufficiale entrò in casa del Di Cagno e, dopo essersi rallegrato con quel fenomeno, convinse i genitori a farlo studiare seriamente.

Il fanciullo prese le prime lezioni di violino da Giuliani e studiò composizione conLa Rotella. Nel1912 si trasferì a Milano, visse sempre in Italia e non anche in America come alcuni affermano. Il maestro Masca­gni, Soffredini ed il maestro Mugnone furono concordi nel rilevare in Di Cagno notevoli doti di compositore.

 Nel 1909 la Casa EditriceSonzogno pubblicò alcune sue composizioni; nel 1911, indetto un concorso musicale dal Corriere delle Puglie, il Di Cagno lo vinse con la canzone per voce e orchestra Amar’a mmè che dedicò a Mario Costa, il quale ebbe per lui espressioni di alto apprezza­mento.

Alla stima del Costa si aggiunsero ben presto quelle di Pietro Mascagni, Giacomo Puccini, Umberto Giordano, Leoncavallo, Ci­lea ai quali Di Cagno fu legato da devota e stretta amicizia.

Giunse il momento di affrontare il giudizio del pubblico, e l’esito fu trionfale quando per la prima volta diede la sua opera Frida su libretto di Adami, al Teatro Petruzzelli, nel 1924, per essere rappresentata poi con lo stesso esito al San Carlo di Napoli nel 1932.

Le accoglienze del pubblico e della stampa partenopea diedero la certezza che un nuovo astro era nato nel firmamento dell’arte lirica ed il Di Cagno lo confermò in una memorabile serata, sosti­tuendo Arturo Toscanini. In quella sera diresse l’orchestra della Scala eseguendo, nella sala del Conservatorio di Milano un nutrito programma nel quale era compresa una suite in cinque tempi di sua composizione. Toscanini, che l’ammirava, aveva già predi­sposto per l’esecuzione alla Scala della sua Frida, ma per gli incidenti di Bologna il progetto non venne realizzato.

Il Di Cagno non disarma e compone Passiflora, opera in un atto su libretto di Oreste Nigro e la prediletta Ondina, opera in tre atti dello stesso librettista, che il maestro definì il suo capolavoro.

Poiché egli si ribellava di accettare i soliti compromessi che svilivano i princìpi della sua arte, fu boicottato in modo tanto tenace da non potervi porre rimedio. Intanto componeva Maremma, acquaforte in un atto su libretto di Adami, che presentò ad un concorso della Scala.

Era convinto che nei suoi riguardi vi fossero dei pregiudizi e pertanto si presentò con lo pseudonimo di Costante Costanti. L’accorgimento risultò inutile perché il suo nome trapelò.

Ma il Di Cagno non badò soltanto a sé. Quando la furia ico­noclasta del dodecafonismo incominciò a operare a danno del nostro glorioso melodramma, egli difese strenuamente i valori tradizionali del teatro musicale italiano e ciò contribuì maggior­mente ad aumentare l’ostracismo nei suoi riguardi.

In America le cose andarono diversamente per l’iniziativa del figlio Walter. Nel 1961, alla Carnegie Hall di New York, nel con­certo “Mezzo secolo di musiche italiane”, numerosi brani del Di Cagno furono eseguiti con vivo gradimento del pubblico e ad una sua maggiore affermazione negli Stati Uniti, molto contribuì l’o­pera di Walter Castaldi-Tassoni.

Da allora una certa attenzione fu posta sull’opera del va­lente compositore e, pertanto, nell’agosto del 1965, la RAI mise in onda un concerto di sue musiche, ultima e tardiva consolazione del Maestro che chiuse gli occhi a Milano il 27 ottobre 1965.

In considerazione della favorevole accoglienza a questo pro­gramma lo stesso Ente Radiofonico trasmise Maremma il 26 maggio 1966 e al Teatro Petruzzelli, il 27 gennaio 1968, essa è stata data in prima mondiale, seguìta da una seconda recita il 31 dello stesso mese. (riproduzione riservata – 1968)

 

 

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