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Tradizioni popolari baresi

Registrazioni su Nastri Magnetici

di alfredo giovine

La grafìa fonetica presenta indubbiamente un maggior grado di perfezione rispetto alle scritture tradizionali per rappresentare con segni diacritici i vari fonèmi del linguaggio umano.Tuttavia per i sistemi adoperati (Bohmer, Ascoli, Ascoli-Goidànich, Merlo, Gilliéron, Jaberg-Jud ed altri) tale grafia può provocare perplessità e incertezze per il valore diverso che gli stessi segni hanno nei vari metodi. E non è questo il solo inconveniente. Dice un illustre studioso: “Noi percepiamo in modo del tutto nostro quel complesso di suoni che è un fonèma” (Padre Gemelli – Osservazioni sul fonèma dal punto dì vista della psicologia – Roma, 1937, pag. 21). E un altro:

Ma quasi tutti abbiamo la presunzione di identificare chiaramente i suoni di un idioma e specialmente della nostra lingua materna, mentre molto sovente siamo tratti in inganno dall’imperfezione dei nostri mezzi auditivi, dalle nostre abitudini fonetiche soggettive e da preconcetti di vario genere” (C. Tagliavini – Elementi di fonetica generale – Bologna, Patron, 1962, p.7). Pertanto, condividendo le considerazioni di tali maestri, e raccogliendo l’appello lanciato dal prof. C. Battisti al I° Congresso Nazionale delle Tradizioni Popolari in Firenze, nel maggio del 1929, (Vedi: Atti, pag. 75 Dialettologia e Demologia) ho già registrato su nastri magnetici canti popolari, fiabe, proverbi ed altro. Tali campioni del dialetto barese, a mio modo di vedere, si rendono necessari per evitare errori di informazione nei quali sono incorsi,  involontariamente, ad esempio, anche i prof. C. Devoto e L. Sorrento. Il primo, (Profilo di Storia Linguistica Italiana, Firenze, Nuova Italia, 1960, a pag. 14), dice: “(…) Ebbene nel contado di Lecce come a Firenze, si pronuncia quando; a Bari come a Roma: quanno”, (ma a Bari si pronuncia come se fosse scritto: quanne e non quanno; ma è molto probabile che, il Devoto abbia voluto sottolineare il passaggio di ‘nd’ a ‘nn’). Il Sorrento, (Sintassi Romanza, Varese, Cisalpino, 1951, pag. 367), sostiene “(…) che in Bari ho udito queste espressioni: D. Vou leigi cussu libru? (Tutt’altro linguaggio può essere questo, fuorché barese; il Barese dirà: Uè lèsce (o Uè lègge) cùsse lìbbre?). (1).

Ora, anche se tali quisquilie non scalfiscono minimamente la statura dei due dottissimi studiosi, è anche evidente l’utilità delle registrazioni sui nastri magnetici, le quali evitano gli errori in cui possono incorrere gli informati per corrispondenza.

Perciò l’Archivio delle Tradizioni Popolari Baresi, è a disposizione dei dialettologi, folkloristi e fonetisti. Suggerimenti e consigli che faranno sèguito a questa fase iniziale, consentiranno di migliorare ancora di più i servizi.

Si notino i nessi consonantici ‘nt’ in ‘nnant’, ‘mp’ in ‘cumparì’, ‘nc’ in ‘malincunì’ al posto di ‘nd’, ‘mb’, ‘ng’).  Ed ecco il Corazzini (nella Letteratura popolare comparata, Napoli, D’Angelilli, 1886, pag. 403): BARI: Ce senti: se tu sentissi – Ce vedi: se tu vedessi. (Si notino le i finali e il nesso consonantico ‘nt’ inesistenti entrambi in barese). Negli Animali commestibili dei mari d’Italia di Palombi e Santarelli (Milano,Hoepli, 1960), si rileva, (il libro in bella veste editoriale corredato di nitide illustrazioni, è ottimo dal punto di vista scientifico), con la voce generica Puglie: la seguente terminologia accanto alla quale faccio seguire quella barese. Dò qualche cenno:

Maia, Grancevola comune (Maia squinado). Puglie: Rancio, Granceola, Suenne. (In barese, si dice invece: U remìte).

Favollo (Eriphia spinifrons). Puglie: Rancio, corsaro, granzuni. (barese, invece: la pelòse). Elefante di mare, Lupicante, lupo di mare, àstice (Homarus gammarus). Puglie: Alifante di mare, astrice, karrile. (barese, invece: U garbe). Gambero sega, gambero delle ricce, palemone, (Palaemon serratus). Puglie: Ammere, Ammariedde, Iammarielle, Rammarielle, Iammaru. (barese, invece: U salìpce). Si omettono altri eloquenti esempi esistenti in altre opere per non appesantire viepiù la pubblicazione.

(1) Riporto un canto popolare raccolto da A. Casetti e V. Imbriani e contenuto nei Canti popolari delle provincie meridionali, (Torino, Loescher,1871,vol. II, pag.397), nel quale, è bene dirlo, si vede un dialetto non del tutto bareseSemp’a la vi’ de mare tegne ment’, / Quann’have da venì lu bene mì. / Comm’a ’na luna l’aggi’ad assì ’nnant’, / Comm’a ‘nu sole l’aggi’ a cumparì; / Tanne l’agge da dìsce: Bene mì, / “Addò’ si’ state che n’ha fatte tant’ ?” / “Me n’ha’ fatt’ pigghià’ malincunì’, / Ora pid’ora ‘na cape di chiant’!” (e che trascriviamo secondo la grafia più adeguata al barese: Sèmb’a la vì de mare tènghe mènde / Quanne av’a menì lu bbène mì./ Com’a na lune l’agghie assì nnande/ Come a nu sole l’àgghie a chembarì/ Tanne nge agghi’a disce: BBène mì/ Addò ssì sstàte ca ne sì fatte tande/ Me sì ffatte pegghià malanghenì/ Iòre pe iòre, na cape de chiande“).  riproduzione riservata – 1965

 

 

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